Cure Mediche

Prostatectomia radicale robotica

Si tratta di un'operazione alla prostata nel caso di tumore: la prostata e le vescicole seminali vengono asportate per intero.

 

 

Fino ad alcuni anni fa, la prostatectomia radicale si eseguiva “a cielo aperto”, ossia praticando un'incisione tra ombelico e pube. 
Oggi a questa pratica si è aggiunta la prostatectomia radicale mininvasiva che permette di operare eseguendo 4-5 piccole incisioni sull'addome, riducendo al minimo l'invasività.

 

 

La prima tecnica applicata è la via laparoscopica, che utilizza una visione bidimensionale e strumenti rigidi, ma le difficoltà tecniche dell’intervento non ne hanno permesso una rapida diffusione.
Successivamente, la chirurgia robotica, ed in particolare l'utilizzo del Robot da Vinci®, ha portato la pratica della prostatectomia radicale mininvasiva ad un livello superiore. 
La prostatectomia radicale laparoscopica robot-assistita (RARP - Robotic Assisted Radical Prostatectomy) è un intervento chirurgico eseguito in anestesia generale per il trattamento mini-invasivo del tumore della prostata. La RARP viene condotta con il sistema robotico da Vinci: l’ospedale dispone infatti dell’ultima e più evoluta versione del robot, il modello Xi®. L’intervento prevede l’esecuzione di 5 o 6 piccoli fori (del diametro massimo di circa 1 cm) sull’addome del paziente. Tramite tali accessi vengono posizionate delle cannule – trocars – che mettono in comunicazione la cavità addominale con l’esterno. Per poter svolgere l’intervento viene quindi sviluppato uno spazio nell’addome con l’insufflazione di anidride carbonica e, attraverso i trocars, vengono poi inseriti una telecamera che vede l’interno e gli strumenti per l’operazione (pinze, forbici, porta-aghi, ecc). 
I trocars vengono installati al robot chirurgico, il quale non esegue nessuna manovra in autonomia, ma corregge e affina i movimenti del chirurgo che dirige l’intervento. Quest’ultimo si siede ad una postazione in prossimità del paziente e guarda in un visore che mostra l’interno dell’addome, indossando delle manopole che consentono di controllare a distanza i bracci del robot, e quindi gli strumenti chirurgici. 
Un altro chirurgo collabora all’esecuzione dell’intervento posizionandosi al tavolo operatorio e governando la strumentazione accessoria. 
Un’equipe infermieristica allestisce la sala operatoria, gestisce gli strumenti, i fili di sutura, le garze, eccetera. 
Vantaggi della prostatectomia radicale robotica, rispetto alla

 

chirurgia a cielo aperto

  • ripresa più rapida della funzione sessuale;
  • recupero più rapido della continenza urinaria;
  • minori perdite ematiche;
  • riduzione dell’impatto estetico dovuto alle dimensioni contenute delle incisioni;
  • minor rischio di complicanze;
  • riduzione dei dolori post-operatori;
  • riduzione dei tempi di degenza post-operatori.

 

chirurgia robotica

  • recupero più rapido della continenza urinaria;
  • ripresa più rapida della potenza sessuale;
  • eliminazione del tremore fisiologico della mano del chirurgo;
  • facilità di accesso ad ogni zona anatomica;
  • maggiore accuratezza del movimento chirurgico.

 

La RARP prevede l’asportazione della prostata e delle vescicole seminali, seguita dall’anastomosi tra il collo vescicale e il moncone uretrale (si ripristina cioè la continuità della via urinaria, che era stata interrotta per rimuovere la ghiandola). Al termine della procedura viene posizionato un catetere vescicale. In alcuni casi è indicata anche l’asportazione di linfonodi loco-regionali. Il pezzo operatorio viene estratto da una delle porte laparoscopiche previo inserimento in apposito endobag. Generalmente al termine dell’intervento viene posizionato un tubo di drenaggio in scavo pelvico. 

In linea generale in prima giornata postoperatoria si riprende un’alimentazione libera, ci si alza dal letto e viene rimosso il drenaggio. 
A partire dalla 3°/4° giornata postoperatoria è possibile la dimissione a domicilio del paziente, eventualmente con il catetere vescicale, che va mantenuto a dimora fino a 7 giorni dopo l’operazione. Dopo la RARP è indicata una profilassi antitromboembolica con eparina a basso peso molecolare in somministrazione sottocutanea, da continuarsi per circa 20 giorni complessivi. 
Il ritorno a una vita attiva, comprensiva di attività a moderata intensità fisica, è possibile generalmente dopo 2 settimane dall’intervento. 

L’asportazione della prostata comporterà la mancata produzione ed emissione dello sperma. Dopo la prostatectomia, in alcuni casi di malattia clinicamente più avanzata o nel caso in cui l’intervento non sia riuscito a rimuovere completamente la neoplasia, un trattamento radioterapico potrebbe rendersi necessario per garantire una finalità curativa. 

Infine, il paziente sottoposto a RARP è successivamente condotto in uno specifico programma di follow-up, perché anche nei casi curati completamente dall’operazione, nel corso degli anni il tumore può ripresentarsi e richiedere altri trattamenti con radioterapia o con deprivazione androgenica farmacologica.

In base alle più recenti conoscenze scientifiche, l’esecuzione della procedura proposta può
comportare le seguenti possibili complicanze

 

Complicanze precoci:

  • emorragia grave (prevede la possibilità di ricorrere a emotrasfusioni);
  • lesione degli organi addominali (intestino, uretere, vescica, ecc);
  • infezione (in particolare della ferita chirurgica);
  • cedimento dell’anastomosi vescico-uretrale (con conseguente perdita di urina – leakage – al di fuori dell’apparato urinario, generalmente risolta con il mantenimento del catetere vescicale a dimora per qualche settimana);
  • linfocele (cioè l’accumulo di liquido linfatico nelle sedi di asportazione dei linfonodi, che può andare incontro ad infezione o a trombosi dei vasi sanguigni limitrofi per compressione. In casi specifici può rendersi necessario un drenaggio chirurgico o percutaneo).

 

Complicanze tardive:

  • disfunzione erettile (cioè l’incapacità ad avere un’erezione adeguata e sufficiente per il rapporto. La possibilità di preservazione della funzione erettile dipende dalla potenza preoperatoria, dall’età del paziente, dallo stadio della malattia e dalla conservazione dei fasci neuro-vascolari periprostatici: ne consegue che la percentuale di impotenza è molto variabile);
  • incontinenza urinaria (solo una minima percentuale di pazienti continua a presentarla a distanza di mesi dall’intervento);
  • stenosi dell’anastomosi vescico-uretrale (è molto rara e si manifesta mesi o anni dopo l’operazione causando un’importante difficoltà o l’impossibilità ad espellere le urine. Può richiedere un intervento endoscopico per essere risolta).

 

Di norma, per questo tipo di intervento, sono prevedibili conseguenze, temporanee o permanenti, per le funzioni dell’organismo? Sono previste attività di recupero?

  • disfunzione erettile (questo evento dipende da numerosi fattori, tra cui la funzione erettile preoperatoria, le comorbilità e l’età del paziente e la possibilità di fare un intervento che salvaguardi i nervi che danno l’erezione – cosiddetto “nerve-sparing” – senza rischiare di compromettere la radicalità oncologica dell’operazione. Il tempo necessario perché la funzione erettile si ripristini è variabile e può arrivare fino a due anni. In alcuni casi può essere proposta una specifica terapia farmacologica a scopo riabilitativo. In generale, la disfunzione erettile può essere eventualmente trattata con provvedimenti farmacologici o chirurgici, a seconda delle indicazioni);
  • incontinenza urinaria (il recupero parziale o totale della continenza avviene generalmente entro qualche settimana, spontaneamente o con l’ausilio di una specifica fisioterapia del pavimento pelvico.

Nei casi a maggior gravità l’incontinenza può beneficiare di un trattamento chirurgico specifico: bulking, agents, sling uretrali , oppure l’impianto di uno sfintere artificiale.

 

 

Patologie che possono essere trattate con questa tecnica

Fondazione Poliambulanza Regione Lombardia Ministero della salute

Prostatectomia radicale robotica


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